Fin dall'invenzione
dell'automobile è parsa chiara la necessità di
dover creare delle regole per permettere a tutte le persone
una mobilità non caotica ma soprattutto sicura, per
questo nel corso degli anni, aumentando le esigenze,
sviluppandosi il progresso tecnico ma in particolar modo
crescendo a dismisura i tipi ed il numero di veicoli
circolanti si è reso necessario il raggruppamento di
tutta la produzione legislativa e normativa succedutesi
negli anni '30 in un cosiddetto Testo Unico: il Codice della
Strada. Tra i suoi 240 articoli, tutti importanti, due in
particolare sono da noi ritenuti di una valenza superiore. E
più precisamente l'articolo 171 "uso del casco
protettivo per gli utenti di veicoli a due ruote" che a
primo comma recita "E' fatto obbligo durante la marcia di
indossare e di tenere regolarmente allacciato un asco
protettivo conforme ai tipi omologati: A) ai conducenti
minorenni alla guida di ciclomotori a due ruote e d i
motocicli; B) ai conducenti di motocicli di qualsiasi
cilindrata, nonché agli eventuali passeggeri, questi
ultimi anche se minorenni"; e l'art. 172 "Uso delle cinture
di sicurezza e sistemi di ritenuta" che sempre al primo
comma stabilisce "il conducente ed i passeggeri dei veicoli,
muniti dei dispositivi di ritenuta hanno l'obbligo di
utilizzarli in qualsiasi situazione di marcia". Purtroppo
queste due norme tra quelle previste dal Codice della Strada
sono tra le più violate. Questo denota la scarsa
cultura della sicurezza esistente nel nostro paese, dal
momento che strumenti così utili per la sicurezza
passiva sono mal sopportati e quando si usano lo si fa solo
per la paura di un minimo di controllo svolto dalla Forze
dell'Ordine, altrimenti ancora un numero minore li
indosserebbero. Si è stimato che solo il 36 % dei
conducenti dei ciclomotori e il 91 % dei conducenti di
motoveicoli indossano il casco, con notevoli differenze tra
Nord e Sud. La situazione è ancora peggiore per
quanto riguarda la cintura di sicurezza, dove solo il 10 %
degli automobilisti del Nord e il 4% del Sud la indossa nei
centri urbani, mentre la media Europea è di circa
l'80% con punte minime del 20 % in Grecia e massime del
90/95% in Germania e nei paesi Scandinavi. La situazione
migliora se prendiamo in considerazione l'utilizzo in
autostrada, qui forse perché si ritiene che la
velocità elevata sia un pericolo, la percentuale
è attorno al 60 % . Purtroppo però si ignora
che nelle strade urbane da noi inconsciamente ritenute
sicure, avviene il 73% degli incidenti (contro una media
europea del 66%), il 69 % dei feriti e il 42% dei morti e
che incidenti pure a velocità ridotte (30 Km/h)
possono essere mortali se affrontati senza cinture.
L'assenza dell'uso della cintura determina un incremento del
tasso di mortalità per incidente pari a 3,5 volte in
ambito urbano e poco meno di 5 volte in ambito extraurbano.
Sembra poi che nessuno sappia che le cinture sono
obbligatorie anche sui sedili posteriori, qui la percentuale
di chi le indossa è insignificante. In caso di
incidente la loro utilità è determinante per
evitare che il passeggero sia sbalzato in avanti, andando ad
urtare le parti interne dell'auto o aggravando la situazione
del passeggero anteriore. Lo slogan di una campagna di
comunicazione Svedese sulla sicurezza diceva in modo molto
significativo "Niente elefanti sui sedili posteriori". Con
le cinture allacciate ed airbag, secondo gli studi svolti
dalla comunità scientifica internazionale, ogni anno
in Italia si potrebbero evitare 2.000 morti, 60.000 feriti
gravi e risparmiare 12.000 miliardi di costi sociali,
ridurre il rischio derivante dall'incidente del 50 %,
percentuale che sale al 75% se la vettura è
equipaggiata con airbag.
Nel casa in cui l'airbag si metta in funzione e il
passeggero non sia allacciato, la diminuzione del rischio
è invece solo del 20%. Una categoria di utenza della
strada particolarmente "vulnerabile" è costituita dai
conducenti di ciclomotori e motocicli. Nel 1996 sono state
62.381 le persone rimaste ferite in incidente che hanno
coinvolto questi veicoli e 1.178 i morti eppure con grande
difficoltà usiamo il casco, ritenendolo un elemento
di ingombro invece che un elemento di protezione. I veicoli
a due ruote sono stati proposti spesso come la soluzione
ideale per ridurre la congestione del traffico in area
urbana, risolvere il problema dei parcheggi, migliorare la
mobilità urbana, ma il principale limite di questa
soluzione è il ridotto livello di protezione dei
passeggeri di questi mezzi. I conducenti dei veicoli a due
ruote coinvolti in incidenti stradali rappresentano il 20%
di tutti i conducenti di veicoli: il 3% è
rappresentato da conducenti di biciclette, il 12% da quelli
di ciclomotori, il 5% da quelli di motoveicoli. Questi
incidenti hanno esiti più gravi di quelli in cui sono
coinvolti altri veicoli: in media ogni 100 incidenti si
hanno 88 feriti e 2 morti, contro i 40 feriti e un morto per
gli altri tipi di veicoli. I dati evidenziano la tendenza
all'aumento della gravità delle conseguenze: tra il
1995 ed il 1996 i morti fra i conducenti dei mezzi a due
ruote sono aumentati di circa il 2% (ultimi dati ISTAT
elaborati, disponibili).
La caratteristica nettamente urbana e soprattutto
metropolitana (88% degli incidenti in cui sono coinvolti) di
questa modalità di trasporto emerge con grande
chiarezza esaminando il numero degli incidenti a motoveicoli
nei 14 maggiori comuni italiani. Nelle 14 aree metropolitane
questi veicoli sono coinvolti mediamente in oltre il 41%
degli incidenti complessivi, quasi 3 volte più della
media. Questo valore supera il 50% a Genova, Palermo,
Trieste ed è nettamente sopra la media a Messina,
Catania, Napoli, Bologna e Roma. Il valore massimo lo si
registra a Firenze dove gli incidenti a motoveicoli
rappresentano più del 60% degli incidenti in
complesso. Conducenti e trasportati però non
manifestano una adeguata percezione del rischio connesso
all'omissione dell'uso del casco. Se tutti, quando
circoliamo sul ciclomotore, portassimo il casco, potremmo
avere un risparmio in soli costi sanitari collegati a traumi
cranici attorno ai 2.000-3.000 miliardi. Dal 1987 con
l'introduzione parziale dell'obbligo all'uso del casco per i
minorenni ed i motociclisti i morti per trauma cranico sono
diminuiti del 25%. L'incidenza della mortalità tra i
conducenti che sicuramente non indossavano il casco,
soprattutto in ambito urbano, è doppia rispetto a
coloro che lo indossavano. In particolare oltre il 70% dei
conducenti deceduti non indossava il casco. L'incremento
delle condizioni di sicurezza degli utenti è
testimoniata soprattutto dall'aumento del tasso
d'incolumità dei conducenti coinvolti in incidenti,
il 10,5% tra chi indossava il casco contro il 5,7% di quelli
che non lo indossava.
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